Pubblicato da: miclischi | 17 novembre 2019

Canto d’amore alla follia: una serata molto intensa.

Un’esperienza di condivisione fortissima e stravolgente.

Pisa, sabato 16 novembre: a Mixart c’è il Canto d’amore alla follia, con Francesca Mainetti e Alessandro Garzella.

Un’oretta intensa di parole, gesti, idee. Con gli interpreti che si attraggono e si respingono in scena, si lasciano e si prendono, parlano, o tacciono.  Quando finisce lo spettacolo le luci si abbassano con una lentezza esasperante. Poi rimane solo il buio. No, non solo il buio;  ci sono anche loro, in scena, ci sono le persone sedute accanto, sulle sedie o per terra. Quel buio, oh se quel buio silenzioso fosse durato tanto, ma tanto… In modo che la pietrificazione che ha avvolto lo spettatore avesse avuto modo di diventare ancora più solida e spessa… Se quegli applausi (meritatissimi) avessero tardato indefinitamente… Se la gravità delle parole, dei gesti, delle idee avesse avuto modo di meglio sedimentarsi in quel buio presente…

Un’ode alla follia? Un’ode all’amore? Forse, soprattutto, un’ode al dubbio. Che cos’è la realtà? E che cos’è il desiderio? Ma che cos’è quel che si desidera? E’ davvero la realtà? Oppure il sogno, o l’illusione? Che cosa si cerca in se stessi, o negli altri da sé? Come si può riuscire ad andare d’accordo con se stessi, con le proprie angosce, con i propri laceranti desideri? E con le angosce e i desideri degli altri? Siamo pronti ad accontentarci oppure preferiamo addentrarci faticosamente nel linguaggio, nel comunicare, nel formulare idee? Un inno di ribellione contro il male oscuro dell’indifferenza che ci fa ignorare la realtà per cullarci nell’illusione. Un inno di battaglia contro le false certezze, contro l’ignoranza nella quale è così facile cullarsi. Un’ode al dubbio cartesiano, un’esortazione a ribellarsi contro gli stereotipi preconfezionati, a cercare la realtà sul sentiero tortuoso e instabile del sogno, del desiderio, dell’interrogarsi continuamente.

In scena: Francesca Mainetti e Alessandro Garzella

Un’esperienza di condivisione fortissima e stravolgente.

Grazie agli Animali celesti, grazie a Alessandro Garzella e a Francesca Mainetti. Un’esperienza intensissima e indimenticabile.

Per la cronaca: piove e fa freddo, l’estate è davvero finita, bisogna farsene una ragione. Del resto siamo già a Novembre.  In macchina sulla via di casa, automaticamente, la radio. Toh, c’è la prima sinfonia di Mahler. Un bel modo per chiudere la serata: sovrapporre quella musica ai pensieri che continuano a turbinare in testa.  Davanti a casa, la macchina ferma, i fari spenti. Ma è impossibile scendere: sta per cominciare il terzo movimento, quella marcia funebre ironica e pazzesca che inizia con il contrabbasso sul motivo di Fra Martino campanaro. Intorno, la pioggia intensa nell’oscurità del lungomare. E il suono di quella marcia funebre quasi scherzosa, in attesa che arrivi l’ingresso acuto e perforante dell’oboe. Ecco, è proprio questa musica l’unico suono che forse sarebbe stato accettabile per rompere quel silenzio sospeso alla fine dello spettacolo, in quel buio popolato di presenze in bilico fra la realtà e il desiderio. Una musica ambigua e piena di dubbi. Intorno, nella notte, la pioggia che scivola piano, angosciante e rassicurante al tempo stesso. Una combinazione fortuita che ha ammantato ancor più di emozione e bellezza la follia amorosa di questo spettacolo.

Il terzo movimento della prima sinfonia di Mahler.


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