
La differenza di stazza fra una piccola Leica II (a sinistra – anche se qui ha un supergrandangolo con mirino) e l’ammiraglia M2 (a destra)
La Leica. Di sicura – o quasi – provenienza suocerale (Leopoldo Nardi di Leica ne aveva più d’una), la Leica di Luciano Lischi fece una brutta fine, nel senso che fu rubata in occasione di una delle scorribande ladresche nella casa familiare di Porta a Lucca a cavallo fra gli anni ’60 e ’70 del ‘900. Era sicuramente una Leica “piccina” delle serie con l’innesto a vite degli obiettivi (39×1) e nella memoria pare di poter ricostruire che si trattasse di una IIIc o di una IIIf. Tanto per farsi un’idea, questa pagina web presenta una panoramica rapida delle Leica III.
Piccolo gioiello compatto e di altissima qualità ottica, la Leica-col-passo-a-vite può a buon diritto essere definita come intramontabile, visto che continua a trovarsi – nelle sue tante versioni e varianti – su tutti i mercati, ed anche nelle mani di tanti fotografi. Inoltre, la versatilità garantita dalla intercambiabilità delle ottiche (fra le quali anche le ottime ma più abbordabili Voigtländer) la rende una macchina davvero straordinaria.
Ma Luciano Lischi non era interessato alle ottiche intercambiabili. Tranne una breve incursione nell’universo dei teleobiettivi con la Leica M2 dei figlioli (che l’avevano appunto ereditata dal nonno-suocero) per fotografare gli stambecchi con il Visoflex e il 200 mm nel Parco del Gran Paradiso, tutte le sue macchine erano rigorosamente equipaggiate solo con l ‘obiettivo “normale”. In particolare, amatissimo, fu il 50 mm Elmar retrattile che faceva della Leica III un apparecchio davvero tascabile. Inoltre, visto che a quei tempi vigeva una diversa ripartizione dei tempi di otturazione e dei diaframmi, quella macchina e il suo obiettivo erano spesso oggetto del celebre paradigma “6.3 e 1/100”. Questa accoppiata tempo-diaframma era sbandierata dalla moglie di Luciano Lischi, Jolanda, come la soluzione per tutte le occasioni, e veniva perentoriamente indicata come la scelta ottimale e sbrigativa quando il marito (o i figli) armeggiavano “scientificamente” con i vari comandi dell’apparecchio. “Non capisco perché affannarsi tanto – diceva – visto che con 6.3 1/100 le foto vengono sempre bene!”. Questo assioma jolandesco fa intuire come a quei tempi (siamo negli anni ’60) la pellicola di sensibilità “normale” fosse quella 17 DIN (50 ASA), e infatti l’uso dei modernissimi film FP4 veniva un po’ snobbato da Luciano Lischi, che li riteneva troppo sensibili (eppure a quei tempi si stava affacciando come molto comune sul mercato anche la pellicola da 400 ASA).
Come si diceva tempo fa, la Leica era la macchina usata per la documentazione giornalistica e per le foto di famiglia. Restano album stracolmi e montagne di negativi a testimoniarlo. Non restano, purtroppo, fotografie di Luciano Lischi ripreso con la sua Leica in mano (o così almeno pare), ma la usò tantissimo (una testimonianza fra tutte: la documentazione dello stato precario di conservazione del mosaico del Minotauro nella Villa Romana di Giannutri nel 1966) e ci rimase di sicuro parecchio male quando gliela rubarono.
Non cercò di comprarsene un’altra, forse la riteneva insostituibile (e poi aveva a disposizione il parco corpi M2 e obiettivi che i figli avevano ereditato dal nonno). Rimase ad arrabattarsi con la Ferrania Condor – di cui si è già parlato -, oppure, anche per scattare foto terrestri, scomodava dall’ingombrante scafandro Rolleimarin l’amata Rolleiflex 6×6. Ma quella è un’altra storia e verrà raccontata un’altra volta.
Una curiosità legata alla Leica III: negli anni cinquanta, Luciano e la moglie Jolanda coltivarono un’affettuosa amicizia con i Roberts, una coppia di texani che risiedevano a Marina di Pisa con i figli. Si scambiavano lezioni di lingua inglese/italiana e rimasero in contatto per tutta la vita. Tanto saldo fu il legame creato allora, che i figli della coppia statunitense mantengono tuttora rapporti epistolari con i figli della coppia pisana, e uno dei figli di Warren e Pat Roberts, Jeff, è venuto recentemente in visita a Pisa. In quell’occasione ha rivangato i tempi dell’infanzia marinese, e ha ricordato come i suoi genitori gli regalarono a quei tempi una Leica IIIf con la quale andava in giro a fotografare. Detto fatto, Jeff ha gentilmente spedito un CD con le scansioni di quelle sue foto giovanilissime. Ne è venuta fuori un’interessantissima documentazione della Marina di quei tempi, ma anche delle capacità fotografiche del giovane Roberts. Una selezione è presentata qui sotto.
Per la cronaca: le precedenti puntate erano dedicate a:
2. Fiamma box 127;
3. Ferrania Condor.
Molto belle le foto di Jeff Roberts
By: Mark on 25 novembre 2011
at 14:04
[…] fotografiche di Luciano Lischi riguardavano la Sida, la Fiamma Box 127, la Ferrania Condor e la Leica con passo a vite. Luciano Lischi con la […]
By: Le macchine fotografiche di Luciano Lischi (5/8) « Enez Vaz on 11 settembre 2012
at 19:50
[…] di Luciano Lischi riguardavano la Sida, la Fiamma Box 127, la Ferrania Condor, la Leica con passo a vite e […]
By: Le macchine fotografiche di Luciano Lischi: 6/8 | Enez Vaz on 19 novembre 2013
at 18:48
[…] Leica era stata rubata; la Rollei era ingombrante… alla fine, per la prima volta Luciano Lischi […]
By: Le macchine fotografiche di Luciano Lischi 7/8 | Enez Vaz on 2 novembre 2014
at 18:13
[…] Leica con passo a vite, […]
By: Le macchine fotografiche di Luciano Lischi 8/8 | Enez Vaz on 24 giugno 2015
at 21:30