Pubblicato da: miclischi | 26 agosto 2011

Non si possono avere mai abbastanza pianoforti da sogno

L’edizione italiana

Nel 1862 Giovanni Ajello iniziò a fabbricare pianoforti a Londra insieme ai suoi sei figli. Dopo numerosi successi e riconoscimenti internazionali (Ajello fu anche fornitore della Real Casa italiana) la fabbrica chiuse nel 1930. Nipoti e pronipoti di Ajello continuarono a fabbricare pianoforti in Inghilterra e in Canada, apparentemente fino al 1960. Altri dettagli su questa impresa musicale italo-britannica sono succosamente raccontati qui. Un pianoforte Ajello è raffigurato sulla copertina dell’edizione italiana del libro; eppure, i pianoforti prodotti da questa famiglia di artigiani non vengono mai citati nel pur vastissimo panorama sui produttori di tutto il mondo che infarcisce il libro.

Un’ambientazione parigina (rive gauche) perfettamente riuscita, anche se l’autore del libro è statunitense. Un racconto disseminato di incisi storici, tecnici e musicologici che non appesantiscono, bensì arricchiscono e alleggeriscono la narrazione. Un’ode profonda al pianoforte, strumento da ascoltare ma anche da toccare, suonare, esplorare, amare.  E’ La bottega del pianoforte di Thad Carhart (Il titolo originale era The Piano Shop on the Left Bank).

Thad Carhart (dal sito dell’autore)

La storia inizia con la cauta esplorazione di una bottega di riparatori di pianoforti, nel quartiere latino. Il protagonista narratore, un giornalista-scrittore statunitense che da piccolo aveva vissuto a Parigi e ci era poi ritornato da adulto, si avvicina ai misteri della bottega e infine riesce a farsi amico il giovane titolare. Inizia qui una lunga e lenta avventura di scoperta dell’universo pianistico visto dalla speciale angolazione di chi gli strumenti li ripara, li manipola, li restaura, li compra, li vende, se ne innamora, li esplora nelle loro intime viscere. Ma, essendo stato il narratore un suonatore di piano fin da piccolo, questa avventura riaccende in lui il desiderio di tornare a sedersi alla tastiera.

Ci sono le curiose difficoltà di comunicazione (più culturali che linguistiche) fra un francese e un americano; ci sono gli entusiasmi scatenati dalla scoperta di un particolare modello di piano, o da dettagli nella decorazione dello strumento o, soprattutto, nel particolare suono che caratterizza ogni singolo piano. Non mancano i pretesti per addentrarsi nella storia di come lo strumento fu concepito e realizzato, per evidenziare le differenze con il clavicembalo, per ripercorrere le storie di celebri compositori ed esecutori di pagine pianistiche e fornire utili spunti descrittivi ed interpretativi su alcuni brani pianistici – uno fra tutti: le Variazioni Diabelli di Beethoven.

Insomma di storia in storia, di rievocazione in rivocazione, di pianoforte in pianoforte, la narrazione si dipana con leggerezza fra le vie del quartiere latino e fra i pezzi del pianoforte. Si legge con grande piacere letterario e musicale, questo libro, e soprattutto il lettore viene quasi impercettibilmente portato a pensare il pianoforte e la musica per pianoforte sotto una nuova luce. Come se, sapendone di più sullo strumento e sulla sua storia, sui dettagli tecnici dell’accordatura, sulle infinite sfumature che fanno di ogni piano un oggetto unico, il lettore acquisisse una nuova e più luminosa consapevolezza del pianoforte e della musica per piano.

Poi: uno degli aspetti davvero piacevoli del libro è che il narratore è una persona “normale”, con la sua vita di tutti i giorni, una famiglia, dei figli, un lavoro. Non è un musicista professionista la cui esistenza ruota solo intorno alla musica e al suo strumento.  La passione per il pianoforte si innesta e si sovrappone alla sua vita senza stravolgerla; casomai facendola più ricca e appassionante.

Per la cronaca 1: T. E. Carhart: La bottega del Pianoforte – traduzione di Ira Rubini. Edizioni Ponte alle grazie, 2000, Euro 16,80. Qui c’è la pagina IBS per la versione originale.

Berra / I.C. Baer

Per la cronaca 2: Una delle sezioni del libro è dedicata alla soddisfazione, da parte dell’autore, della curiosità riguardo ai pianoforti Fazioli.  L’impresa artigiana italiana ha cominciato a costruire pianoforti nel 1981 (forte dell’esperienza nel settore del mobile). Non si tratta quindi di un produttore “storico”, ma l’approccio altamente scientifico (nel ridottissimo staff che iniziò a lavorare sui primi prototipi c’era anche il Prof. Giordano, esperto di tecnologia del legno), unitamente alla ricerca del suono di qualità superiore, lanciò fin da subito l’impresa friulana nel firmamento del pianoforte. L’incontro dell’autore con il produttore italiano di pianoforti è particolarmente ben narrato, e trasuda passione musicale e umanità.

Per la cronaca 3: Il libro stimola la ricerca. E così si viene a scoprire (grazie a questo sito) che il pianoforte I. C. Baer – non menzionato nel libro – aveva assunto quella denominazione “esotica”  nel 1860 “per motivi di prestigio”; ma era prodotto dalla italianissima fabbrica torinese della famiglia Berra (il capostipite, Giovanni Berra, iniziò l’attività verso il 1820). Altre informazioni si trovano qui.


Risposte

  1. un libro che ho letto tre volte nella prima edizione e credo non mi stancherò mai di leggere


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